Quali metodi abbiamo per indagare la mammella?
Attualmente le armi a disposizione per indagare sul cancro della mammella sono essenzialmente tre: la Mammografia, la Risonanza Magnetica e l’Ecografia.
Ognuna di queste metodiche, tutte eccellenti da un punto di vista diagnostico, sfrutta proprietà fisiche differenti per le quali, le diverse metodiche, non possono essere paragonate fra loro; pertanto le applicazioni nelle indagini diagnostiche sono limitate dalle leggi fisiche che esse stesse utilizzano.
Un elemento importante nella genesi del tumore e che si ripercuote nella possibilità di diagnosi, è che questo origina dall’epitelio ed in particolare a livello duttulo-lobulare; Questo epitelio, sottilissimo (circa 50 micron), può anche proliferare raggiungendo notevoli proporzioni di sviluppo.
- La Risonanza Magnetica sembrerebbe essere la tecnica più valida perché può evidenziare sia la componente epiteliale che connettivale. Non sempre le strutture epiteliali che ci interessa esaminare hanno un andamento rettilineo e ciò rende difficile se non impossibile il rilievo nelle singole scansioni, salvo che l’uso del tridimensionale non entri nella routine del programma diagnostico.
- La Mammografia si basa essenzialmente sulla differenza di assorbimento dei raggi da parte dei tessuti. Il tessuto adiposo, a debole densità radiologica e il tessuto connettivale, a maggiore densità radiologica relativa. La maggior densità del connettivo diventa però un impedimento all’analisi delle strutture epiteliali che vi sono contenute. Questo succede nelle giovani donne e in quelle in menopausa sotto trattamento estroprogestinico (TOS). Visto che il tumore mammario ha origine epiteliale, può accadere che il connettivo circostante nasconda anche per molto tempo le alterazioni epiteliali. Rapidità di esecuzione e bassi costi di gestione hanno fatto comunque della mammografia l’esame dominante nello screening dei tumori della mammella.
- L’Ecografia è una metodica utilizzata ormai da 40 anni e le si riconosce, a volte, ancora oggi, un ruolo diagnostico marginale, relegandola, secondo una visione prettamente radiologica, ad una semplice posizione di complementarietà: cioè nella differenziazione fra lesioni cistiche e solide, nella guida alla biopsia e per dirimere dubbi sorti con la mammografia.
Ha invece un suo preciso peso e si impone, come esame di prima scelta nelle giovani donne, per le caratteristiche morfo-funzionali del seno in quell’età, ma anche in menopausa, soprattutto oggi che ci si sottopone a terapia ormonale sostitutiva (TOS) che tende a mantenere una struttura più densa del seno.
Per le leggi fisiche che la contraddistinguono, l’ecografia, consente la visualizzazione contemporanea di tutte le componenti della ghiandola, sia connettivali che adipose ed epiteliali.
In particolare con la tecnica Dutto-Radiale secondo Teboul, è possibile seguire l’anatomia del sistema Dutto-Lobulare all’interno del Lobo lungo i dotti galattofori che peraltro fungono da guida allo studio di tutta la mammella. distinguendo anche alterazioni millimetriche al suo interno.
Il tessuto connettivale si distingue nettamente da quello epiteliale dei dotti, per l’interfaccia che si crea tra il contorno dell’epitelio iperecogeno (più chiaro) ed il lume ipoecogeno (meno chiaro). Le nuove apparecchiature, dotate inoltre di Color-Doppler, consentono all’Ecografia Dutto-Radiale di aumentare il potenziale diagnostico individuando delle anomalie che possono suggerire anche se non affermare direttamente la presenza di un carcinoma ad uno stadio anche molto precoce.